CARO FIORELLO, ECCO PERCHÈ BISOGNA DONARE. E VIGILARE SU QUEI SOLDI.

06/09/2016

Fiorello carissimo,
hai pienamente ragione di invitare i tuoi colleghi ad avere un po’ di attenzione su quanto stanno e stiamo facendo per aiutare i nostri concittadini travolti dal terremoto. “Occhio a queste manifestazioni che noi, mondo dello spettacolo, facciamo per raccogliere fondi. Il gioco deve valere la candela. Perché se organizzi uno spettacolo e poi per farlo devi spendere soldi, e spesso non pochi, corriamo il rischio che arrivino in beneficenza non i soldi, ma solo il sacco”.
E magari anche il sacco arriva così tardi che già non solo è bucato, ma addirittura marcio, di quel marcio che puzza puntualmente dopo ogni disatro e dopo ogni finanziamento pubblico!
Sottoscrivo a quattro mani quanto hai detto. Nel terremoto emiliano di quattro anni fa, una mia comunità di Bondeno è crollata ed è ancora là! Siamo sfollati in una scuola del Comune. Vorrei aggiungere che, nemmeno le Onlus, sono tanto innocenti ed esenti da peccati.
Io non mi fido più di nessuno e dico con forza che le case della gente, le scuole e gli ospedali debbano avere la precedenza assoluta. Cioè arrivare prima delle chiese, prima ancora dei monumenti, dei musei, delle opere d’arte. Non voglio sembrare ignorante e poco acculturato ma, essendo anch’io stato colpito da questa bestia di terremoto, la penso così.
Permetti, Fiorello, che faccia un’altra riflessione sempre da prete balordo. Perché durante la guerra (e io la guerra l’ho vista) in pochi giorni costruivano ponti, forti, strade, ospedali e, in periodo di pace le stesse cose, per costruirle, occorrono decenni?
Perché l’ombra del profitto durante i periodi di pace diventa sempre più pesante, mentre non lo è mai in periodi di guerra? Occorrono le guerre per salvarci dalla mafia e dai profittatori? Che paese è il nostro che fa in pochi mesi l’Expo e impiega anni per fare una scuola?
Hai ragione, ma dobbiamo approfittare di questa ennesima disgrazie per chiedere, non solo agli artisti, ma all’intera Italia dov’è quando non ci sono le disgrazie. Non possiamo essere italiani solo quando è ora di dare il sangue e di rispondere con due euro al 45500.
Sarò pessimista, ma certamente sono stufo di vedere un’Italia buonista e a tempi alternati. Può essere che siamo terremotati in testa? E, da quei terremoti lì, non ci salva nessuno e tanto meno il numerino televisivo.
Se mi permetti chiudo in cattiveria. C’è un campanile, da quelle parti, che pare suonare per invitare la gente alla messa. Ma c’è messa e messa; c’è campanile e campanile! Ed è a questo punto che si spalancano i dubbi di sempre, sepolti dalle infinite promesse e chiacchiere di sempre e da usi strani dei milioni che arrivano.

Don Antonio Mazzi