03/05/2016

“Solo con scelte coraggiose e forti si realizzano i sogni più grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita. Non accontentatevi della mediocrità, di vivacchiare stando comodi e seduti”.
Sono alcune parole che Papa Francesco ha quasi gridato ai centomila e più giovani che avevano peregrinato, da tutta l’Europa, per partecipare alla messa conclusiva del Giubileo dei Giovani, in piazza San Pietro, domenica 24 aprile.
Già il giorno prima presa una sedia e una stola, insieme ad un centinaio di altri preti, aveva confessato i giovani nei pressi del colonnato, che aspettavano di venire assolti. Uno dei tanti ragazzi, ancora strabiliato, raccontava agli amici che il Papa non gli aveva dato nemmeno la penitenza. Il Papa non accetta che i giovani sprechino la loro sconfinata ricchezza interiore. Per questo motivo il messaggio “stile Francesco” è stato semplice, chiaro, concreto, deciso.
“La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è un “app” che si scarica sul telefonino (che lui teneva in mano); nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore”. Per Papa Francesco libertà = impegno. È libero chi ha il dono di poter scegliere bene.
A me interessa sottolineare anche la parte finale dell’omelia perché molto puntuale e “preoccupata” per un uomo come lui fortemente impegnato all’apertura della chiesa al mondo e, ancor più, all’unità dei popoli, soprattutto dei popoli più sofferenti e depressi.
“Siete chiamati a costruire il futuro: insieme agli altri e per gli altri; mai contro qualcun altro”. Questo accenno non coinvolge solo i giovani, ma si apre sull’intera umanità e agli adulti che, in questo periodo, sembrano dimenticare che il futuro o si costruisce insieme o non avrà “futuro”.
Dalla storica finestra dell’Angelus aveva, qualche giornata prima, detto: “Gli ultimi non sono un peso ma un dono”. Potrebbe essere uno dei sogni concreti, accennati nei discorsi ai giovani? Noi cristiani per primi dovremmo evitare che l’anno della misericordia sia solo una passerella e non una responsabilità, potremmo inventare alcuni gesti capaci di trasformare i deserti di morte in foreste di vita?
Perché il Papa ha trovato il tempo, dopo l’incontro con i giovani, per apparire improvvisamente alla manifestazione “Villaggio della terra a Villa Borghese”. Ed è stato lì che ha continuato il suo discorso sull’apertura al mondo.
E mentre invitava a trasformare i deserti in foreste, ha ricordato a tutti che “c’è un deserto anche nei nostri cuori, nelle città, nelle periferie”. Dobbiamo creare una vita esuberante che permetta di asciugare tante lacrime affinché tutti possano, finalmente, sorridere.

Don Antonio Mazzi