SUICIDI DEGLI ADOLESCENTI, MISTERO DA SCONFIGGERE

30/09/2016

Qualche giorno fa abbiamo ricordato la Giornata Mondiale per la Prevenzione dei Suicidi. Pare essere la seconda causa di morte, soprattutto tra gli adolescenti, degli ultimi anni. Purtroppo, al di là delle solite statistiche e delle nauseanti giornate delle disgrazie mondiali, queste sul suicidio, per me e per noi che lavoriamo tra i giovani, sono le più serie e le più sconvolgenti.
Io non vivo seduto sulle cattedre universitarie, non faccio terapie specialistiche e, tanto meno, chiedo soldi. Vivo “in strada”, cioè vivo tra gli adolescenti ventiquattro ore su ventiquattro. E vi garantisco che non sono né un padreterno e, tanto meno, un deficiente, ma i veri suicidi spiazzano sempre tutti perché non offrono il minimo segnale, a meno che non partiamo dalla solita litania della società sbilenca, dai genitori sbagliati, dalla scuola e della droga.
Non ci dicevano niente le statistiche che calavano dal Nord e dal Giappone (solo per offrire qualche piccola occasione a chi mi legge)? I nostri giovani più hanno e più sono esposti a questo dramma. Perché non è la disperazione che uccide ma tutto il resto, soprattutto tutto quello che non è disperazione, tutto quello che non è troppo.
Perché il troppo apre, spalanca le fauci della bestia che ci portiamo dentro. La pancia una volta piena, volere o no, ti obbliga a mollare. Ma i desideri sgangherati, il vuoto lasciato dal non tutto, da quel qualcosa che ti riempiva l’anima che non avevi. È quella “cosa lì” che ti spinge all’assurdo.
È vero, ci sono poi, i suicidi drammatici, voluti per cause che conosciamo. Ma non tra gli adolescenti. Sono i suicidi degli adolescenti, dei quali io mi sento molto più competente degli illuminati, che ti stravolgono.
Improvvisi, nel momento meno immaginabile, mai giustificabili, oppure giustificati con due righe due su un pezzetto di carta. “Ero stufo”, “Non mi piacevo”, “Scusatemi”. Poi arrivano i genitori distrutti, gli insegnanti spaventati, i compagni stravolti.
Parliamo sempre delle compagnie sbagliate, di anfetamine, dell’alcool, di tutto quello che volete. Ma per qualcuno la vera compagna coccolata, preparata, sognata nel mistero più totale, è lei: la morte.
Una mattina un ragazzo nelle prime file di un teatro pieno di liceali, mentre parlavo, mi guardava intensamente, quasi sorridendo. Non capivo né il sorriso, né il suo sguardo così intenso, quasi incollato alla mia faccia. Parlavo da più di un’ora.
Finito l’incontro me lo sono preso sotto il braccio e, giocando in contropiede: “Cosa stai pensando?”. Mi fissò, stavolta senza sorriso: “Hai indovinato!”. Battuto un cinque, ci siamo rivisti ed è passato il temporale. La causa: tutto e… tutto. Non posso dire “niente”. Per un adolescente è tutto quello che per adulti bolliamo come niente, cretinata, paranoia. Sta qui il grave peccato di noi grandi!

Don Antonio Mazzi