COMPITI A CASA? SÌ, MA CON GIUDIZIO

19/09/2017

Non avrei mai immaginato che noi italiani potessimo, in qualche modo, guardare ed imitare i modelli finlandesi. Però ho capito che la vecchiaia e la poca conoscenza della geografia e dei costumi del mondo fanno brutti scherzi. Perdo troppo tempo per capire e aiutare l’Africa, l’Honduras, il Madagascar e quindi, piano piano, divento ignorante o, perlomeno, poco aggiornato sulla civiltà europea.
Tutto questo preambolo serve per dirvi che i compiti a casa non sono una disgrazia e che secondo me vanno fatti o a casa o nei pomeriggi scolastici, laddove c’è la possibilità di rimanere a scuola, insieme ai compagni e magari assistiti da educatori e tutor preparati e motivati.
Discuterei, piuttosto, sul tipo di compiti da dare a casa. Se fossero ricerche ben finalizzate, letture di libri d’arte e di costume, l’apprendimento di uno strumento musicale da suonare con amici in salotto, l’allestimento di un piccolo laboratorio artigianale, sempre con qualche amico, non potrebbero impegnare i pomeriggi o le vacanze dei nostri figli, evitando tempi vuoti, solitudini poco simpatiche dentro case mute in tutti i sensi e fredde di rapporti e di sorrisi?
Il vero dibattito sulla scuola non può esaurirsi attorno ai compiti. La scuola si deve aprire a sperimentazioni che colgano tutto il potenziale creativo che si annida dentro alla testa, ai sentimenti, alla poesia, all’arte dei nostri figli.
E tutto ciò non lo titolerei compito a casa ma completamento, continuazione, sperimentazione e, cosa ancor più importante, collegamento tra scuola e casa, tra genitori e docenti, tra teoria e pratica, tra testa, cuore e mani, tra materie sottoposte a giudizio e a voto, con “materie” libere, “eccitanti” e cariche di invenzioni personali e impegni autodisciplinati.
Capisco che ho rovesciato il discorso ma ho capito pure che è giunta l’ora di finirla con il dilemma “compiti sì, compiti no”.

Don Antonio Mazzi