GREST: UN LUOGO PER TUTTI I NOSTRI ADOLESCENTI

26/05/2017

Torna di moda una parola che si era persa tra gli scalini dei bar. I nostri ragazzi avevano inventato, o meglio copiato una delle tanti frasi inglesi che, giorno dopo giorno, si erano trasformate in gruppetti. Ogni pomeriggio, con un bicchiere di “bianco” in mano, facevano venir sera. Bisogna essere “alla moda”!
Li ho sempre visti con tristezza, ma tacevo perché noi nati nell’altro secolo, eravamo rimasti culturalmente ancora mezzi contadini e mezzi chierichetti. Invece ecco che, quasi all’improvviso, mi ritrovo a parlare, di sabati pomeriggio, di sale negli oratori, tra gli stessi ragazzi che avevo visto mesi prima davanti ai bar. Cosa succede?
Anche qui la sigla è moderna, leggermente più aggiornata. La chiamano GREST. Cioè trattasi di campi sportivi, di biblioteche, di salette, sotto il campanile. Dai bar al campanile!
Centinaia e centinaia di ragazzi, ancora prima che finiscano le scuole, stanno preparando le attività, in tutte le sfumature, felici, anzi più felici dei ragazzi dei miei tempi.
Negli anni sessanta, prete giovane, ho passato alcuni anni a Primavalle (Roma). Quartiere, allora, con situazioni delicate. La Parrocchia era piccola e brutta. Però c’era il cortile. Forse i metri quadrati arrivavano a fatica a “contenere” un campetto da calcio.
Eppure erano più di quattrocento. Succedeva di tutto. Le squadre, in quel campetto, erano ogni pomeriggio almeno cinque. Giocavano tutti. Mi domando ancora come facessero.
Finiva tutto con un gelato e, verso sera, due mie parole semplici, commoventi. Io, piccoletto, sepolto da ragazzi sudati, sporchi, felici. E fuori le mamme che si domandavano come potesse essere possibile. Allora lo chiamavamo “oratorio”. Ora lo chiamano GREST. Cioè Gruppi Estivi.
Davanti alla chiesa c’era il bar, quello pubblico, vuoto. A fianco il campo di bocce delle ACLI. In un buchetto (faccio fatica a chiamarlo ufficio) una suora della Carità (le storiche suore “cappellone”) sistemava bambini e mamme. Una maglietta, un paio di scarpe, un pacco di spaghetti.
Erano gli anni sessanta/settanta. I politici e i sociologi l’avevano definito con un numero: “Il sessantotto”! Noi, cioè i 400, invece eravamo lì, quasi ammassati, con un pallone, un calcetto, un tavolo da ping-pong e quattro chitarre. Riuscivamo, anche, a preparare i canti per la messa della domenica.
In questi giorni, sentendo il Cardinale Scola insistere sull’oratorio e vedendo di nuovo le porte degli oratori spalancate fino tardi, ho ripreso a respirare. Basta poco per divertirsi, come basta poco per perdersi. Ragazzi, divertitevi!

Don Antonio Mazzi