IL PROBLEMA DIDATTICO NON SI LIMITA ALLA MENSA

05/05/2017

Vedo una esagerata preoccupazione attorno al fatto che troppi bambini abbiano deciso, assieme ai genitori, di portarsi il panino da casa rifiutando, così, i menù delle mense scolastiche.
Per esagerata preoccupazione sottintendo maliziosamente la probabile crisi delle casse comunali. C’è chi arriva addirittura oltre, dicendo con un coraggio ciclopico, che il panino metterebbe in crisi soprattutto il modello educativo dei nostri istituti scolastici.
Non credevo che il modello educativo delle nostre scuole venisse praticato, ed esercitato, non tanto sui banchi di scuola della classe, ma sui tavoli della mensa. La frase pascaliana di alcuni presidi che “anche mangiare insieme è didattica” potrebbe valere qualcosa se gli stessi ex-presidi (oggi direttori didattici) tentassero, o avessero tentato, di trasformare la scuola in luogo educativo con tutte le sfumature che tale luogo permette.
Ma se riduciamo la didattica alla sala da pranzo mentre le aule, i cortili, le palestre, i gabinetti, la biblioteca vengono trascurate, quasi ignorati e mai frequentati dagli “ex-presidi”, facciamo un po’ fatica a dar torto alle famiglie “del panino”.
Non sarebbe meglio sfruttare questa occasione per rivedere l’intero sistema scolastico? Sento troppi docenti farsi domande preoccupanti rispetto ai metodi e ai programmi.
Anch’io molte volte mi sono scagliato contro un certo tipo di pedagogia. Molti ragazzi e molti genitori della scuola media mi mandano e-mail e vengono a parlarmi. Accusare sempre i genitori e gli insegnanti è troppo comodo.
La nostra rabbia deve arrivare a scomodare i Governi che, da sempre, lasciano la scuola tra i punti da discutere “la prossima volta”. In una Repubblica veramente democratica la scuola, l’educazione, la cultura sociale dovrebbero essere sempre tra i primi problemi da affrontare e da risolvere.
Pare che, alla fine, ci si rifugi nella mancanza di soldi e nella precarietà dei docenti per giustificare l’insolubilità del quesito. Vogliamo smettere di prenderci in giro e vogliamo dirci che nel futuro, prima ancora della mancanza del lavoro giovanile, c’è la povertà scolastica, con la scarsa volontà di cercare percorsi nuovi e arricchirli di passioni positive, con il rischio di spegnere le uniche e vere speranze in un domani migliore?

Don Antonio Mazzi