QUANDO IL SAMARITANO È BENGALESE E VENDE ROSE

27/10/2017

Se fossi un De Amicis contemporaneo mi affretterei a descrivere l'episodio quasi spaventato che qualcuno me lo potesse fregare. Nonostante il fattaccio da vomito del gruppo di cafoni da marciapiede, che a Firenze, di notte, ha circondato e molestato una ragazza di 25 anni da sola, ciò che affascina di più e che ha la potere di farti dimenticare la rabbia, è la rosa che un ambulante bengalese ha offerto alla giovane spaventata dopo averle dato un fazzoletto perché si asciugasse le lacrime.
E qui permettete che mi commuova anch'io, ripassando i momenti nei quali ho fatto parlare un fiore per me. Fatalità, guardando fuori dall'ufficio, mentre scrivo, la signora Denis, volontaria, sta innaffiando e accomodando i vasi di fiori che voglio da sempre lì davanti alla porta.
La mattina infatti, prima del Padreterno in cappellina pochi metri dopo, vedo i fiori. Perfino Cristo, secondo Matteo, in uno dei più bei passaggi, nel discorso della montagna, dopo averci insegnato la più bella preghiera del mondo, il Padre Nostro, aggiunge: "E per il vestito perché vi preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non faticano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora, se Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, non farà molto di più per voi?". Per la studentessa l'ha fatto!
Certamente il gruppo di caproni che, al posto del cuore, hanno quella "roba" che di solito mettiamo sotto i fiori, faranno una risata o una smorfia, alzando le spalle e mandandomi a quel paese.
Io non dovrei pensare così, e già me ne pento. Se fossi a Firenze andrei a trovarli, dopo aver abbracciato il bengalese e la ragazza che ha evitato loro anche la denuncia. Ha raccontato la vicenda, credo, solo per ringraziare l'unica persona che è venuta in suo aiuto ed era uno straniero (e anche qui non vorrei fare troppo il prete, ma ci ricorda un altro episodio del Vangelo, rispetto all'unico che è tornato a ringraziare).
"Su Facebook ho pubblicato la foto del mio salvatore: questo è un volto che non dimenticherò mai. Ho deciso di scrivere cosa mi è accaduto, perché molti pensano che non ci sia bisogno di femminismo, dell'antisessismo, dell'integrazione, che in fondo quei ragazzi stessero solo scherzando, che sono ragazzate, che gli stranieri a casa loro…"
Questa storia mista di poesia, di dolcezza e di vergogna, fotografa la nostra povera Italia, e non solo Firenze!

Don Antonio Mazzi