IL CASO DI GENOVA CI RICHIAMA ALLA CARITÀ

23/03/2018

In questa Italia "cristiana" succedono cose difficili da inserire in contesti evangelici. L'ultima (per quanto ne so io) decisione del Comune di Genova di punire, con una multa di duecento euro, chi rovista nei cassonetti alla ricerca di qualcosa da mettere in pancia, non solo rasenta l'ignoranza e la cafoneria delle Giunte comunali, ma coinvolge tutti noi, perché indica in quali strapiombi è scesa la qualità di vita delle nostre comunità.
Bene ha fatto don Giacomo Martino, direttore dell'Ufficio Diocesano Migrantes, a polemizzare. Però dobbiamo, soprattutto noi preti, andare ben oltre. Se ogni domenica ci preoccupiamo di organizzare Messe ad ogni ora, dovremmo anche preoccuparci di far capire alla nostra gente che la liturgia vale se sa tradurre in atti concreti la nostra fede e la nostra carità.
Dopo ogni Messa "vera" che diciamo, ci dovrebbero essere meno poveri in giro. Non tocca solo alla Caritas o al sindaco far sì che una città non sia solo un ammasso di edifici, ma un luogo di convivenza, di condivisione e di benessere.
E il Vangelo ci obbliga tutti. Alla vedova povera che gettava due monetine nel tesoro del tempio, Cristo disse: "In verità vi dico: questa vedova così povera ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella, invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere". Come la mettiamo?
Quando leggiamo degli anni sabbatici, del ricco Epulone e del ricco incastrato dentro il buco dell'ago, cosa pensiamo? Per Cristo tutti dovremmo farci carico di fatti così penosi e incivili, perché tutti ne siamo responsabili.
Perciò bene ha fatto don Giacomo Martino, ma papa Francesco è già andato ben oltre e ha detto parole molto più pesanti, obbligando anche noi pastori a vivere in modo più essenziale, semplice ed evangelico.
Non aspettiamo che sia la politica ad arrivare dove la nostra fede e la nostra carità si sono accontentate solo di protestare. C'è ancora troppo squilibrio nel nostro modo di "credere". Perché i primi cristiani degli Atti degli Apostoli avevano già capito cose che noi ci accontentiamo solo di leggere e commentare?

Don Antonio Mazzi