QUANTA FATICA PER CAPIRE LA PASQUA

06/04/2018

C'è sempre un diritto e un rovescio nelle cose, negli avvenimenti, nella vita. E il rovescio è sempre identificato con le paure, le disgrazie, le cose storte. Invece questa volta la cosa più storta è diventata la cosa più diritta, più rivoluzionaria, più straordinaria, più impensata, perché troppo oltre.
Si chiama "Pasqua". Noi l'abbiamo banalizzata. No! Non è vero. Non l'abbiamo ancora interiorizzata e accettata fino in fondo. Il Natale è più facile, più carino, più comprensibile.
È vero che lo riempiamo, il Natale, di regali, di tenerezze, di presepi. Ma, nonostante questo ingolfamento, il Bambino Gesù non è soltanto una statuina. Qualcosa abbiamo capito e la parola "pace" è entrata nel nostro cuore, nelle nostre case, nelle nostre contrade.
La Pasqua, invece, con la morte di Cristo così tragica, con il tradimento dell'apostolo, con le congiure, i processi, la via della croce, il sepolcro e poi la risurrezione, fa fatica ad entrare in tutti, perfino nel cuore e nella testa di noi preti, come fu allora per i discepoli.
Eppure la Settimana Santa, che continua ora nel tempo pasquale, rinchiude e rispiega tutta la storia del passato e orienta e illumina la storia del domani. Le due festività, così diverse e così cariche di significati inattesi e inspiegabili, sono legate al nome di due donne: Maria, che diventò madre di Cristo, nella grotta di Betlemme a Natale; la Maddalena, la prima ad incontrarlo nel giardino, il mattino di Pasqua. Ancora le donne!
Va sottolineato con meraviglia, avvicinando domanda a domanda, come accadde allora agli apostoli e soprattutto ai due, Pietro e Giovanni, che tra il dubbio e la gioia, presero il mantello e corsero al sepolcro. Trovarono la pietra rovesciata e il sudario "avvolto in un luogo a parte". Videro e credettero.
Quando riusciremo a capire i motivi profondi per i quali siamo al mondo e per i quali ognuno di noi vale la nascita, la morte e la risurrezione di Cristo? Andiamo in chiesa, suoniamo le campane, (forse) andiamo anche a confessarci. Ma quando crederemo?
Perché tra l'andare in chiesa e "credere" passa il filo rosso che spiega e lega la nostra vita quotidiana con il sudario purtroppo ancora avvolto, in luoghi che non toccano le nostre coscienze.

Don Antonio Mazzi