LA NECESSITÀ DI SPEZZARE I CIRCUITI DELL’ILLEGALITÀ

17/09/2015

La Comunità Exodus di Santo Stefano in Aspromonte ha ospitato il 14 settembre 2015 il Procuratore Antimafia Nicola Gratteri e Adriana Musella, del Coordinamento Nazionale Antimafia “Riferimenti”.

L’intento era quello di creare un momento di confronto tra i due illustri relatori, gli ospiti e gli operatori della Comunità e la cittadinanza stefanita, sulla “necessità di spezzare i circuiti dell’illegalità”. Il risultato è andato oltre le previsioni.

La necessità di spezzare i circuiti dell’illegalità si è colorita di sfumature diversificate.

Necessità di spezzare i circuiti della tossicodipendenza
Ha iniziato il Dott. Nicola Gratteri, con una lezione magistrale sulla tossicodipendenza e i tossicodipendenti, direttamente rivolta ai ragazzi ospiti, un incoraggiamento a non mollare i percorsi di riabilitazione, a parlare dei loro problemi con gli operatori della Comunità: “si ‘sceglie’ di entrare in comunità quanto si è toccato il fondo, e da questo fondo si riparte ripercorrendo le tappe evolutive, dal fondo si ridiventa bambini e si cresce fino a ridiventare adulti. In questi passaggi delicati e concentrati in un periodo di due tre anni, bisogna avere tanta forza, e soprattutto il coraggio di parlare di sé, dei propri problemi, di fidarsi e confidare nella Comunità”.
“Nell’utilizzo delle sostanze stupefacenti, voi ragazzi siete la parte terminale, i consumatori finali, di un vergognoso processo produttivo che parte dal Sud America, mischiando le foglie di cocaina con il cemento e il piscio dei maiali, e arriva in Europa attraverso modalità di trasporto strutturate che coinvolgono decine e decine di persone. Fare uso significa non solo avvelenarsi ingerendo schifezze, ma significa mantenere un apparato che utilizza i bambini nei cicli della lavorazione, costringendoli a subire danni fisici sotto la minaccia di non farli mangiare. Fare uso significa rafforzare le mafie, che organizzano cartelli per comprare la droga e una volta ricevutala provvedono a distribuirla capillarmente in ogni angolo d’Europa. In questo ingranaggio ci sono i “poveri guappi”, giovani assoldati dalla ‘Ndrangheta e dediti ai trasporti nelle piazze, che si prendono l’impegno di portare a destinazione carichi fino a 5 kg di droga, e spesso soccombono, subendo pene detentive altissime, mentre i capi mafia, ventilando l’ipocrisia dell’onore e del rispetto delle regole di ‘ndrangheta, la fanno franca.
Adriana Musella ha parlato delle risposte di vita che bisogna dare ai mercanti di morte. Le risposte di vita passano attraverso una presa di coscienza del dramma della tossicodipendenza. Ma non solo: c’è bisogno di affinare una sensibilità che vada verso la direzione del saper apprezzare le cose semplici che la realtà ci propone, insieme alla forza di non rendere totalizzanti e definitivi i momenti di difficoltà, i dolori, le angosce.
Su questo tema si sono espressi anche due testimonianze di eccellenza. La prima è venuta dalla Dirigente Scolastica dell'Istituto Piria di Rosarno la dottoressa Russo, la quale ha evidenziato come in una realtà al limite come quella di Rosarno, la scuola può diventare il ricettacolo delle peggiori espressioni criminali o, al contrario, dopo un lavoro assiduo di nove anni fatto nell’istituto Piria, un luogo dove i giovani prendono le distanze dagli ambienti criminali, fondano il loro futuro eliminando la sottocultura dello sballo dalla loro quotidianità. A seguire la testimonianza di Fabio Gallo, della Fondazione Culturale Paolo Di Tarsio, che ha raccontato la propria esperienza personale, il confronto che ha avuto con i ragazzi tossicodipendenti in una comunità, definendoli maestri di vita e suoi salvatori, per avergli insegnato che l’atto più grande di conquista per una persona nulla ha a che fare con il successo o il denaro, ma è tutto racchiuso nella capacità di riappropriarsi lucidamente della propria persona, delle proprie azioni e della dignità.

Necessità di una nuova legge per la gestione dei beni confiscati alle mafie
Si è toccato il tema della gestione dei beni confiscati. Ritardi e disorganizzazione caratterizzano questa realtà, ritardi assurdi se rapportati allo stato di difficoltà che vivono le cooperative sociali, le associazioni culturali. Da una parte una disponibilità smisurata di immobili e terreni dall’altra l’incapacità di muovere i processi di assegnazione. Su questo tema il Dott. Gratteri ha parlato di una proposta di legge per ridefinire i termini della gestione dei beni confiscati, che lui stesso ha presentato al governo: prendere un bene e poi non farlo gestirlo è come, in qualche modo, restituirlo alla ‘ndrangheta.

IMPEGNO PER EXODUS
Le testimonianze e le domande dei ragazzi della Comunità hanno avuto come filo conduttore il dopo comunità. Le porte chiuse e la crisi grave in cui versa l’economia e il lavoro diventano spesso ostacoli insormontabili per chi finisce un percorso comunitario, ostacoli che spesso si pagano con la ricaduta e i nuovi drammi. La Comunità deve organizzare in tal senso il dopo comunità e creare, per quanti non abbiano possibilità accertate di lavoro e di inserimento sociale, un circuito produttivo in grado di generare buone prassi di impresa sociale e di collocare a lavoro le persone svantaggiati. Non sono processi facili da sviluppare, ma è la grande e vera sfida del futuro.
Su questo argomento, il Dott. Gratteri si è impegnato in prima persona a favore di Exodus per la ricerca di un terreno importante con annessi fabbricati rurali (un bene confiscato), per la creazione di un impresa agricola per l’inserimento lavorativo.

Lo Sfratto alla Comunità Exodus di Santo Stefano
Non era assolutamente l’argomento dell’incontro. Tuttavia si è fatto qualche accenno. Ho riferito ai giornalisti presenti che ad una prima e drastica posizione di chiusura del Comune di Santo Stefano condensata nella lettera di sfratto di luglio 2015, è seguito un carteggio tra il Sindaco di Santo Stefano e il legale del Comune da una parte e il Fondatore dell’Exodus Don Antonio Mazzi e il legale della Fondazione, e che si sta prefigurando l’ipotesi di un incontro tra le due parti con la presenza dei legali, con l’obiettivo di tentare una soluzione al problema. Ci verrà restituita la possibilità di continuare a lavorare nella Casa che abbiamo tenuto per 23 anni o dovremo affrontare il problema di uno sfratto e ritrovarci fuori di casa con tutti i problemi che questo comporta per la delicatezza del servizio che svolgiamo? AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA.