ACCANTO AGLI ADOLESCENTI COME TESTIMONI DEL BENE

02/04/2023


Ci sono tanti modi per parlare di adolescenza e, attraverso il prendersi cura dell’adolescenza parlare, in fondo, di tutti noi. Io ho scelto il più semplice e il più comprensibile. In questo periodo accadono episodi delicati, particolari, violenti, tragici, straordinari. E positivi. Ho avuto l’occasione di commentarli settimanalmente, per un lungo periodo di tempo. Ho pensato, poi, che rileggendo uno dopo l’altro i miei interventi, questi ci potrebbero aiutare a non dimenticare i temi più urgenti del nostro tempo. Non solo: raccoglierli in un libro e rivederli attentamente credo rappresenti, da parte mia, l’offerta di un’occasione per una riflessione più obiettiva, più attenta di quella che è possibile solo stimolare su una pagina di rivista.

La realtà ti si sbatte in faccia con pochi aggettivi e sempre più esplosiva. Il bullismo, la scuola, la piazza, il branco, le famiglie squinternate, la galera non sono solo titoli, ma luoghi tristi, desolati, nel contempo dentro e fuori dal mondo, primi e ultimi capitoli di storie, sempre cominciate e mai finite... Dipendenze di cui vantarsi? Il San Raffaele ha deciso di analizzare, da par suo, il comportamento dei nostri teenager tra i 14 e i 19 anni. Simili indagini le hanno condotte in tanti e per altrettante volte, dato il mio carattere, ho diffidato e abbozzato, a proposito dei loro risultati. Faccio fatica, però, a nicchiare davanti allo studio condotto da una équipe scientifica del San Raffaele. La rivista Panorama ha riportato una prima anticipazione.

Purtroppo gli allarmi che alcuni di noi, operatori del settore, sollevavamo, ci vengono sbattuti drammaticamente davanti con impressionante realtà. Cito solo alcuni dati, riguardanti un campione di popolazione giovanile residente nel capoluogo lombardo. Il 34% degli adolescenti dice di essersi “fatto” a scuola. Il 42% dice di aver provato, almeno una volta, ad assumere stupefacenti di qualsiasi tipo, a 14 anni. La marijuana sarebbe la droga preferita da più del 90% dei giovani. Non posso non inviperirmi, davanti a questi numeri, ricordando le magliette malefiche e la campagna sciagurata, alimentata dal rocker Vasco Rossi, per tre sere a San Siro alla presenza di oltre 200.000 giovani. Il 24% dei quattordicenni è poliassuntore e il 20% di questi giovani dice di aver sniffato cocaina nell’ultimo mese. Dato ancora più allarmante: l’82% dei teenager beve alcolici e superalcolici. Qualcuno arriva a sbronzarsi una sera su quattro. Mi fermo qui, sconvolto.



Credo sia ora di uscire dall’equivoco, di anticipare gli interventi educativi. La scuola deve smettere di chiamarsi fuori. La famiglia normale non è più normale. Forse è solo il nascondiglio preferito delle ipocrisie e delle false preoccupazioni. Noi adulti siamo chiamati in causa a 360 gradi. Abbiamo voluto mettere insipientemente il “capriccio” sul piedestallo della divinità. Ora ci portiamo a casa le disastrose conseguenze. Alcol, la droga trascurata. Una recente indagine Istat aggiorna e peggiora, purtroppo, la nostra percezione del fenomeno di consumo di alcolici tra gli adolescenti. Preciso meglio: nonostante il consumo di alcol in Italia risulti stabile negli ultimi dieci anni, all’interno di questo dato preoccupa la sua crescita tra i ragazzi di 13/15 anni. Il 67% dichiara di bere dai due ai quattro drink in una serata. Secondo Emanuele Scafato, dell’Istituto Superiore di Sanità, il 25% dei ragazzi e il 31% delle ragazze assumono più di due unità alcoliche a sera, soprattutto il sabato.

Tutti conosciamo quanto il periodo dell’adolescenza sia delicato, con il fisico non ancora in grado di metabolizzare adeguatamente questa e altre sostanze. Non so se prendere come battuta, e quindi ridere, oppure come cosa seria, e quindi piangere, le dichiarazioni di chi assicura che molti ragazzi smetterebbero di bere solo se invitati a un reality show in tv (di cui rispetterebbero le regole, perché interessati a vincere e a cominciare una presumibile carriera nel mondo dello spettacolo), o comunque in cambio di grossi incentivi pecuniari.

La considerazione, un po' sgradevole, fa comunque riflettere: restare in salute non sarebbe un’opportunità in sé, ma potrebbe, nella visione dei nostri ragazzi, essere considerata come una prestazione, e quindi “monetizzata” come tale. O, quantomeno, vissuta con fastidio e quindi meritevole di un premio. Per continuare nella lettura dell’indagine, mi meraviglia conoscere che le donne laureate bevono più di quelle con titoli inferiori. Inoltre, che il 52% delle donne incinte non rinuncia al bicchiere. In Italia gli alcolisti sono circa un milione e mezzo e circa tre milioni e mezzo le persone che “alzano il gomito” più volte in un mese. Ogni italiano di età superiore ai 15 anni beve circa 105 litri di alcol, di cui circa 58 litri di vino, una bottiglia circa alla settimana, e 33 litri di birra.



Torno alla fascia giovanile. Non credo sia sufficiente, davanti all’esplosione di questo fenomeno, aumentare la linea dura o abbassare l’età dell’accesso alle bevande. Anche le campagne pubblicitarie servono a poco. Qualche volta addirittura ottengono effetti contraddittori. L’alcol è entrato nella vita dei nostri ragazzi perché copre e riempie solitudini, disagi, paure. Che un sedicenne mi dica: «Bevo tanto solo perché mi devo divertire», la reputo una frase così assurda da obbligarmi ad arrabbiarmi contro quei genitori che a cena si bevono allegramente, con i bambini a tavola, una bottiglia di vino accompagnato dal digestivo dopo il caffè. Se non partiamo da lì, tutte le nostre fatiche saranno inutili. Il bullismo: vivere nella paura.

Cambiando tema, ma non attenzione. Da una recente ricerca risulterebbe che il 70% degli adolescenti e giovanissimi italiani avverte il bullismo come il fenomeno sociale più pericoloso. E la ricerca elenca cause, percentuali e infinite sfumature collegate al fenomeno. Scelgo, fra le percentuali, due cifre: il 67% dei ragazzi italiani dice che si può essere “puntati” durante una sosta in piazzetta, nel solito locale o in altri abituali luoghi di aggregazione, ma (ed ecco quello che mi interessa di più) tra l’80% e l’86% dei minori intervistati afferma che la scuola rappresenta la residenza elettiva del bullismo nella vita reale, che trova rinforzo in quel la virtuale attraverso l’utilizzo dei dispositivi di comunicazione di ultima generazione. Per fare un esempio concreto, a proposito di questo tema, trascrivo una delle tante e-mail che mi arrivano sul tavolo.

Caro Don Mazzi,
mia figlia di 9 anni frequenta un istituto privato. Dalla seconda primaria è oggetto delle “attenzioni verbalmente violente di due compagne di classe che in questi anni hanno costituito una vera e propria “banda”, associando alcuni compagni anche con l’intento dichiarato di aggredire mia figlia. A nulla sono valsi i rilievi nostri, e della psicoterapeuta che ha curato mia figlia, consentendole di superare lo choc di queste aggressioni, fatti all’insegnante che, anziché punire queste bambine le ha recentemente gratificate eleggendole a rappresentanti di tutta la scuola primaria in un evento organizzato nell’istituto. Dalle aggressioni verbali si è passati a quelle fisiche che, per ora, si traducono nell’immettere nei piatti che mia figlia utilizza nella mensa scolastica cibi sporchi ed altra sporcizia prelevata in loco, sfruttando i momenti di assenza dedicati al bagno o al prelievo di pane o altri cibi/bevande. Le maestre presenti in mensa sembrano non accorgersi di nulla. Mia moglie e io siamo molto preoccupati perché temiamo una pericolosa escalation di queste aggressioni. Tentativi di sensibilizzazione dei genitori di queste bambine hanno sortito l’effetto di averci visto togliere il saluto. Ci consigli, per cortesia, sulle azioni da intraprendere in casi di bullismo come questo.


Ho trascritto questa e-mail perché, da italiani, denunciamo, facciamo ricerche, discutiamo ma quando è ora di intervenire, facciamo quello che hanno fatto le insegnanti di questa scuola. Se ognuno di noi avesse il coraggio di fare la sua piccola parte e spaventare di meno attraverso articoli “terroristici” forse saremmo tutti più solidali, concreti e risolutivi.



IL NUOVO LIBRO SULLE EMERGENZE GIOVANILI CHE «NOI ADULTI NON SAPPIAMO COMPRENDERE»



C’è un vaso d’argilla dell’antica Babilonia, tremila anni prima di Cristo, in cui i giovani sono descritti come «maligni e pigri», e in cui ci si lamenta del fatto che la gioventù del tempo non sia come quella di una volta, per concludere con amarezza: «I giovani di oggi non saranno mai capaci di preservare intatto il valore della nostra cultura». Ma di gioventù disastrosa parla anche Socrate, quarto secolo avanti Cristo. E parole ancora più sconsolate arrivano, ottavo secolo a.C., anche da Esiodo.

Don Mazzi mette in fila, con grande divertimento, tutte queste citazioni per dimostrare che l’animo giovanile, in fondo non è mai cambiato attraverso i millenni e che gli adulti hanno sempre guardato con sospetto e con preoccupazioni il fermento delle giovani generazioni. Quelle che, in ogni epoca, sono state capaci di sovvertire gli schemi culturali e le abitudini della società.

E quindi, se di fronte alle tante rivoluzioni giovanili che si sono succedute nelle varie epoche, “grandina a primavera” non bisogna fare drammi, ma cercare di capire e di riflettere perché c’è sempre un modo più opportuno di un altro per stare accanto ai giovanissimi e aiutarli a comprendere il mondo.

Don Mazzi, che giovedì 30 marzo a Milano, ha presentato il suo ultimo libro - appunto Se grandina a primavera. Amare ed educare gli adolescenti (e noi stessi) in un tempo di crisi (San Paolo) - lo sta facendo da oltre mezzo secolo e può raccontare tanto su quello che ha visto e sofferto accanto ai giovanissimi più marginali.

Stimolato dalle domande del direttore di “Famiglia Cristiana”, don Stefano Stimamiglio, racconta come è cambiato il mondo della dipendenza, dai tossici degli anni Settanta disfatti dall’eroina, alla “droga borghese” dei nostri giorni, sostanze chimiche che sfuggono alla maggior parte dei controlli, entrate ormai nella “dieta quotidiana” di troppi giovani.

E poi riflette sulla famiglia - con l’eclisse della figura paterna - e sulla scuola, anche qui ormai tutta al femminile, con pochissime figure maschili di riferimento tra gli insegnanti. «Noi uomini - riflette - la paternità dobbiamo inventarcela, mentre le donne sono naturalmente madri». Un quadro che non contribuisce a far crescere i giovani in modo equilibrato.

Nella foto: Don Antonio Mazzi con il Direttore di “Famiglia Cristiana” don Stefano Stimamiglio, alla presentazione del libro, giovedì 30 marzo al Moscova District Market di Milano, appuntamento culturale dell’evento di raccolta fondi di Fondazione Exodus, lo “Spazio della Solidarietà”

Leggi l'articolo

don Antonio Mazzi su “Avvenire” del 02/04/2023 - da “Se grandina a primavera. Amare e educare gli adolescenti (e noi stessi) in un tempo di crisi” (Ed San Paolo)