“La mia vita inquieta se ne frega dell’età. Non tengo conto dei ragazzi che ho salvato, ma di quelli che ho perduto. L’adolescenza? La stagione più importante dell’esistenza. Mio papà continua a mancarmi”. A 96 anni il fondatore della rete di comunità Exodus si confessa.
Come sono i padri di oggi?
«La figura del padre è una di quelle figure che dobbiamo recuperare con urgenza. Il loro rapporto con il figlio adolescente è importantissimo e va ritrovato quanto prima».
E le madri?
«Faccio fatica a giudicarle, perché il modello è mia mamma, il modello di un amore vero, incommensurabile».
Si dice che ci sono ragazzi “normali” più abbandonati dai genitori, lasciati al loro cellulare da mattina a sera.
«La disattenzione non è il problema dell’adolescenza, altrimenti la banalizziamo. È una delle tante criticità. Ma è l’adolescenza nel suo insieme che è il problema, una stagione importantissima della vita, tanto è vero che Gesù è diventato il Cristo durante l’adolescenza, quando si è perso nel tempio».
Tra le riviste su cui scrivi c’è anche la nostra, che ti ha nominato «Italiano dell’anno».
«Quando scrivo per Famiglia Cristiana è come se scrivessi a un amico, a un fratello, non la considero come le altre riviste. C’è un legame più profondo».
L’esperienza di Domenica in cosa ti ha lasciato?
«Tanti amici. Una è Mara Venier, un altro è Renato Zero, mi ha telefonato l’altro giorno per gli auguri. Un’amicizia anche operativa la sua. Mi manda sempre ragazzi che hanno bisogno di cure, cerca sempre di salvare qualcuno, li segue di persona e a distanza, chiede di loro, mi viene a trovare».
Novantasei anni sono una vita lunga, ti senti sazio di giorni?
«Per niente. Faccio fatica a dire che è stata lunga, perché in questi giorni, voltandomi indietro, mi sono domandato: “Ma questi 96 anni dove sono andati a finire che non li sento!”. E sai perché non li sento? Perché la vita ha più senso del tempo. Legare il tempo con la vita vuol dire non aver capito la vita».
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Le motivazioni del riconoscimento
Da decenni tra le firme più autorevoli di «Famiglia Cristiana», fin da giovane don Antonio Mazzi ha dedicato la sua vita alla guida di centri educativi e parrocchie di periferia. Negli anni ’70, di fronte al dramma della droga al Parco Lambro di Milano, nacque la sua intuizione di Exodus, una rete di comunità che sostiene migliaia di giovani fragili.
A lui va il tributo di Famiglia Cristiana «per la sua presenza costante sui media, parlando di temi che molti preferivano ignorare: dipendenze, educazione, famiglia, solitudini - spiega la motivazione pubblicata nel numero da oggi in edicola e stampata sulla pergamena consegnata - Per la sua voce schietta, popolare, mai accomodante, sempre dalla parte degli ultimi e per aver mostrato che il recupero è possibile, che l’umanità vale più dei pregiudizi e che nessun ragazzo è perduto per sempre».
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Intervista di Francesco Anfossi per «Famiglia Cristiana».