ADOLESCENTI, PER LORO PUNTIAMO TUTTO SULL’ALLEANZA TRA EDUCAZIONE E DIDATTICA

16/02/2024


Mi racconti un po’ della sua scuola. Che scuola è? Come la descriverebbe e in che contesto si trova? 

L’ Istituto Comprensivo di Viale Lombardia è una scuola di periferia, hinterland di Milano, formata da sei plessi (tre dell’Infanzia, due Primarie, una Secondaria di primo grado), molto distanti tra loro e abituati in passato a lavorare indipendentemente gli uni dagli altri: l’aver raggiunto col tempo una dimensione realmente “comprensiva”, un curricolo verticale unitario è davvero una conquista, frutto di molto lavoro e di molto coinvolgimento di tutte le componenti dell’Istituto, in primis docenti e genitori. 

Ora la nostra è una scuola complessa, piena e ricca di diversità, che si riconosce in un progetto unitario e ben definito, una scuola che cerca di servire il contesto in cui si trova, i propri micro-territori, i propri bambini e ragazzi, le proprie famiglie. Non è facile però, perché ogni plesso ha un contesto diverso dagli altri; ad esempio, tre scuole su sei presentano un’importante percentuale di alunni provenienti da famiglie di origini non italiane, le altre invece hanno un’utenza più mista, più o meno agiata, a volte disagiata.  La componente del disagio sociale è forte a causa di fenomeni che investono le famiglie e i minori, quali: separazioni con strascichi giudiziari, violenze domestiche, incuria dei minori, difficoltà economiche, forme di dipendenza (ludopatia soprattutto e dipendenza da social), disturbi psichici o del comportamento, isolamento, e potrei continuare.  Per fortuna oltre ai problemi ci sono anche tante risorse: genitori desiderosi di collaborare con la scuola, che donano ad essa il proprio tempo, la propria intelligenza e le proprie competenze, per il progetto delle biblioteche o per le attività di intercultura, ad esempio, docenti pieni di entusiasmo, disposti a mettersi in gioco costantemente di fronte alle sfide quotidiane, una propensione generale dell’Istituto all’innovazione didattica (con una grande diffusione dei mezzi digitali, che si viene educati ad utilizzare in modo eticamente corretto e soprattutto funzionale all’impegno scolastico) e all’apertura verso il mondo (con progetti quali l’eTwinning e l’Erasmus+).

Quali sono le fragilità principali che vede nei ragazzi e quali i punti di forza che molto spesso gli adulti fanno fatica a riconoscere?

Parlando degli alunni dai 9 anni in su, quelli che osservo dalla Quarta Primaria alla Terza Media, le fragilità principali risiedono in: rapporti familiari a volte disfunzionali, con genitori assenti oppure iperprotettivi, ma paradossalmente non disposti all’ascolto, che rendono difficile ai ragazzi conquistare autonomia; fenomeni di ansia, spesso connessi all’incombere eccessivo dei genitori, alle pretese di prestazione o ai bias sociali; una sempre più precoce adultizzazione anche legata all’uso improprio dello smartphone, che molti bambini e pre-adolescenti sperimentano, avendo accesso a contenuti non adeguati all’età senza un reale controllo da parte dei genitori; dipendenza dai social e, in genere, dall’approvazione altrui. I principali punti di forza che riconosco nei nostri alunni sono invece: riconoscimento della scuola come luogo di riferimento adulto alternativo alla famiglia; curiosità molto aperta e grande voglia di sapere; credito immediato e fiducia ai docenti ed educatori che sono realmente interessati a loro; desiderio di migliorare, particolarmente sentito dagli alunni di origine straniera, dai quali la scuola è vissuta come occasione di potenziale riscatto, molto più che dai ragazzi di cittadinanza italiana; creatività e capacità di pensiero innovativo; capacità di lavorare insieme, se glielo insegniamo.

Quando è iniziata la collaborazione con Fondazione Exodus? E su cosa state lavorando ora?

La collaborazione con Exodus è iniziata circa dieci anni fa, nell’estate del 2014, proprio in concomitanza con il mio arrivo da neo-dirigente in questa scuola, dove il primo fenomeno che mi si è fatto incontro è stato quello della dispersione scolastica e del conseguente insuccesso formativo, che nella scuola Secondaria di I grado aveva in quel momento proporzioni preoccupanti. Mi sono messa in contatto con la fondazione scrivendo in uno di quei box per le richieste che si trovano sui siti internet, e anche su quello di Exodus ce n’era uno, e stranamente c’era anche qualcuno che rispondeva; nel mio caso c’era Franco Taverna, con cui ci siamo subito telefonati ed incontrati. 

Quello stesso anno abbiamo avviato il primo tentativo del progetto di Exodus che poi si sarebbe chiamato “Donmilani2” con i drop out della scuola media, che avevano bisogno di una corsia preferenziale per uscire dal primo ciclo (anche perché avevano già 15 o 16 anni e frequentavano ancora la prima o la seconda, in alcuni casi): li abbiamo fatti lavorare per tutto il secondo quadrimestre nella “cascina” del Parco Lambro con gli educatori di Exodus e alcuni dei nostri professori e poi li abbiamo accompagnati a sostenere l’esame di licenza media. Da allora il progetto è cresciuto e cambiato, coinvolgendo sempre più alunni in un’ottica preventiva della dispersione scolastica, attraverso aiuto allo studio, preparazione dell’esame di stato, laboratori di musica, teatro, vela, street art, fotografia, fumetto. In particolare, con le barche a vela di Exodus abbiamo fatto una splendida esperienza all’isola d’Elba proprio coi ragazzi “difficili” che preparavano l’esame di terza media. Ora il “Donmilani2” va avanti, con formule diverse che si adattano alle esigenze e ai tempi, ma negli ultimi tre anni è stato affiancato anche da una collaborazione molto intensa sul tema dell’orientamento dei ragazzi di Seconda e di Terza media. Il tema della didattica orientativa è vivo nel nostro Istituto da anni, perciò non ci hanno colto di sorpresa le recenti Linee guida per l’orientamento pubblicate dal MIM: con la collaborazione fissa di una pedagogista, presente nella scuola da almeno otto anni a questa parte, cerchiamo infatti di curare il passaggio dei bambini e dei ragazzi da un ordine all’altro con attività mirate e supportate, che rinforzino non solo il senso di un curricolo verticale, ma soprattutto la capacità di vedersi in azione di bambini e ragazzi, riconoscendo le proprie doti,  i propri limiti e le proprie propensioni. Con le pedagogiste e gli educatori di Exodus su questo punto stiamo lavorando insieme per dare a ragazzi e famiglie alle prese con la prima scelta importante della vita, quella del percorso superiore, un servizio che sia di concreto supporto. 

Quanto è importante l’alleanza tra educazione e didattica e come si costruisce?

L’alleanza tra educazione e didattica è nella scuola essenziale: non possono prescindere l’una dall’altra, poiché non è possibile alcun apprendimento, se non in un rapporto educativo che sia umanamente significativo, quindi dove la prima preoccupazione sia per la persona del bambino o del ragazzo che cresce. Il maestro elementare è, nella tradizione della scuola italiana, il prototipo di questa unione tra le due dimensioni (si vedano a questo proposito i “Registri di classe” del poeta Caproni, ripubblicati ultimamente  a cura di Nina Quarenghi, o i tanti scritti di don Lorenzo Milani), ma nella complessità della scuola e della società contemporanea, specie nella scuola secondaria, dove i docenti sono molti, il supporto educativo diventa fondamentale per aiutare i ragazzi in difficoltà a ritrovarsi, a riprendere motivazione, a capire cosa sanno e cosa vogliono fare: un professionista dell’educazione con una solida formazione pedagogica può fare in questo senso quel pezzo di lavoro a cui i docenti non possono arrivare, non per tutti gli alunni, soprattutto per mancanza di tempo.

Questa alleanza tra figure docenti ed educatori si costruisce in un progetto di scuola coerente, che comprenda al proprio interno anche le cooperative, le fondazioni, le associazioni che sul territorio possono fornire risorse, idee, aiuto, affinché la scuola possa curarsi realmente di tutti i suoi ragazzi; necessaria a questo proposito la collaborazione tra dirigenti scolastici tra loro e con soggetti operanti nei territori per la coprogettazione dell’offerta formativa (è il concetto di rete), poi ,dentro le scuole, il dialogo costante tra docenti ed educatori, laddove siano operanti a qualunque titolo.

Quanto è importante l’alleanza tra insegnanti ed educatori? E come si dà stabilità a questo modo di fare scuola?

Come dicevo, l’alleanza tra insegnanti ed educatori è molto importante: è necessario avere chiaro l’oggetto del proprio lavoro, quello individuale e quello comune, sapere cosa si deve fare, ognuno nel proprio ambito, comunicare costantemente, anche con l’aiuto di figure di raccordo dentro la scuola (referenti, responsabili di plesso, funzioni strumentali), per non rischiare di lavorare in maniera autoreferenziale. Il rispetto per le reciproche competenze e i relativi limiti, ma anche la capacità di tenere sempre unite le rispettive professionalità sono possibili tenendo sempre ben presente l’unicum che si va a co-costruire, la persona in crescita che abbiamo davanti, quella precisa persona, solo scopo del nostro impegno.

Per dare stabilità a questo modo di fare scuola ci vogliono due cose: poter lavorare con soggetti che si conoscono e che conoscono gli ambienti e i contesti delle scuole; sarebbe importante poter contare su figure che non mutano negli anni per il supporto educativo;poter contare su risorse economiche stabili e ben distribuite: da alcuni anni la scuola italiana è terminale di ingenti finanziamenti di provenienza europea (PON, PNRR), che vengono riversati sulle istituzioni secondo logiche e tempi non funzionali alla programmazione scolastica e che quindi non è sempre facile sfruttare al meglio e avere una politica, locale e nazionale, che riconosca nel tema dell’alleanza tra educazione e didattica un cardine della scuola del domani ed agisca, ad esempio,  per rendere stabile la figura dell’educatore di riferimento nelle istituzioni scolastiche. 

Redazione Exodus – Area Adolescenza e Povertà Educativa