«CON DIO È SEMPRE STATO UN “ODI ET AMO”»

05/01/2024


È passato più di mezzo secolo, eppure, la pace con il “Padre Eterno” non l’ha ancora fatta. Don Antonio Mazzi, veronese, 94 anni compiuti il 30 novembre scorso, non è mai stato un sacerdote come gli altri. Attivista, giornalista, opinionista e scrittore, è riuscito a diventare punto di riferimento per molti fedeli e personaggio scomodo per altrettanti. La sua sincerità e la voglia di aiutare il prossimo, unita a un po’ di sana pazzia, l’ha portato a fare grandi cose negli anni, come la fondazione della Comunità Exodus nel 1980, per il recupero dei ragazzi tossicodipendenti, ma non solo. La sua visione illuminata della religione e lo spirito di altruismo che lo hanno sempre guidato, lo hanno reso uno dei sacerdoti progressisti più amati d’Italia, anche tra i giovani. Ed è proprio a loro che Don Mazzi ha dedicato la sua vita; a partire da quell’alluvione del Po a Ferrara, dove un Antonio Mazzi appena 22enne decise di voler diventare “padre” di tutti quei ragazzi a cui la vita (e forse Dio stesso) aveva voltato le spalle.

Don Antonio, come arrivò la chiamata?

Mi trovavo a Ferrara per “La città dei ragazzi” e avevo 22 anni. Io mi trovavo lì perché ero uno dei responsabili e speravo di poter portare a casa quattro soldi a mia mamma, che era vedova, e volevo andare all'università a Bologna, per laurearmi in lettere e andare al conservatorio. E allora divenni educatore nella “città dei ragazzi”. Purtroppo, a novembre capitò l'alluvione del Po e quindi la città dei ragazzi divenne rifugio di migliaia di bambini e genitori. Io rimasi sconvolto nel vedere bambini che urlavano, mamme che piangevano perché erano rimaste senza casa, senza marito, senza figli. E rimasi così turbato che decisi di cambiare vita. Non pensavo di fare il prete, però l'unica maniera di diventare padre era fare il prete e quindi sono andato dal Vescovo e gliel’ho detto e lui contrariato mi disse: “Ma come? Mi avevi detto che credevi poco in Dio”.

Quindi non andava d’accordo con Dio?

Assolutamente no, io sono sempre stato arrabbiato con lui, perché mi aveva lasciato orfano a tredici mesi e aveva lasciata vedova mia mamma. In realtà faccio fatica anche adesso ad andarci d'accordo. Sono un prete particolare. (ride, ndr)

Dopo la “chiamata”, nel 1980, fondò Exodus.

Tra gli anni ’70 e ’80 lavoravo a Verona con i disabili all’Opera Don Calabria. Ad un certo punto però mi hanno chiesto se potessi andare a Milano, perché la situazione era molto delicata vicino al Parco Lambro, dove girava molto la droga. E io ci andai. Adesso sono 40 anni che vivo a Milano e ho potuto fare qualcosa di straordinario insieme a gente con problemi di droga, criminali, terroristi. E sono ancora qua a 94 anni perché ho sempre vissuto coi matti, altrimenti sarei già morto. (ride, ndr)

Negli anni si è trovato spesso di fronte a persone complicate, che però non si è mai rifiutato di aiutare…

In questo momento, in comunità ho due ragazzi che hanno ammazzato il proprio padre. Un paio di giorni fa uno di loro mi ha chiesto “Don Antonio, come fa a voler bene a qualcuno che ha ucciso suo padre?” e io gli ho risposto che gli voglio bene perché in questo momento non c’è nessun altro che potrebbe aiutarlo.

In oltre quarant’anni di servizio, c’è stato un caso che le è rimasto particolarmente impresso?

Sì, è un caso del quale non parlo mai, ma che mi è rimasto molto impresso. Si tratta del figlio dell’ex Ministro Carlo Donat Cattin. Era un terrorista che ho aiutato e che è morto mentre era in comunità, da me. Non ne parlo mai perché è delicato.

Un altro criminale con il quale ha avuto a che fare, noto soprattutto ai veronesi, è stato Pietro Maso.

Sì, l’ho sentito proprio nei giorni scorsi e mi sembra che stia finalmente cambiando.

Ma come fa a trovare la forza per avvicinarsi a queste persone e dar loro una mano quando nessun altro sarebbe disposto a farlo?

Mi butto come in un’avventura. Confesso che spesso faccio più fatica a educare le persone “normali”.

E di cosa avrebbero bisogno, al giorno d’oggi i giovani secondo lei?

Hanno bisogno di padri veri. Questa società non ha padri adulti. Noi veniamo da una società che, nell'ambito dell'educazione, ha sempre esaltato le madri. Oggi, invece, devo dire soprattutto con gli adolescenti, la presenza del padre è necessaria.

È stato anche il tema cardine del suo ultimo libro “Nel nome del padre”, giusto?

Sì e ho messo a punto una formula educativa. Invece del teorema di Pitagora, ho messo in piedi il “teorema dell'educazione”.

Ora parliamo di Chiesa. Cosa manca, secondo lei, alla Chiesa odierna per farsi ascoltare?

Alla Chiesa di oggi manca la strada. È ora che la Chiesa la finisca di chiudere le porte. La Chiesa deve tornare strada, perché il Vangelo è il libro della strada. Non è il libro dei monumenti e delle chiese, è il libro delle strade.

E il Vaticano che ruolo può avere in questo cambiamento?

Questo Papa ci sta provando, ma dietro c’è una Chiesa troppo potente e ricca, mentre dovrebbe diventare povera.



Parlando poi di temi caldi, lei ha detto pubblicamente che fa fare l’Eucaristia sia a divorziati che omosessuali. Conferma?

Sì. Si tratta di vivere una chiesa diversa, che vede la vita in una maniera diversa, non fatta di regole. Si tratta di vivere anche la religione in modo diverso.

Lei spesso è apparso in televisione negli anni. Si è mai pentito di essere stato così mediaticamente presente?

Io credo che la mia presenza, soprattutto in certi programmi mediatici, sia servita ai giovani e alle famiglie che avevano situazioni particolari. Mi dà l'impressione di aver fatto bene il mio mestiere.

Tra i suoi colleghi ce ne sono stati molti che l’hanno criticata. Le ha mai dato fastidio questo?

No. Ho vissuto in situazioni talmente difficili, che non ho mai avuto tempo di curarmi delle critiche degli altri.

Verona, invece, ci torna qualche volta o l’ha abbandonata per sempre?

No, ho ancora tutti i miei parenti a Verona ed è una città che non si può dimenticare. Io sono veneto e questi milanesi che si credono dei “Padre eterni” godono a prendere in giro i veneti perché noi siamo ancora contadini per loro.

E i veronesi?

I veronesi, come me, sono matti. Sono un po’ dei “bastardi” simpatici e io li amo particolarmente.

Quindi non possiamo non toccare il tema delle bestemmie…

Il problema della bestemmia del Veneto era legato ai contadini. Penso a mio nonno che ne “tirava giù” parecchie, ma non pensava davvero ciò che diceva. (ride, ndr). Le bestemmie del giorno d’oggi sono le parolacce.

Un’ultima richiesta Don Antonio: un augurio per questo 2024?

Devo dire che il Natale quest'anno vorrei che fosse il Natale della Madonna, piuttosto che di Gesù Bambino. Vorrei che finalmente scoprissimo il ruolo della donna e riuscissimo a rispettarla e a finire di fare tutte queste manifestazioni che servono ben poco. Dobbiamo passare dalle manifestazioni alla realtà.

Di Giorgia Preti su “Pantheon” – n°149 dicembre 2023-gennaio 2024