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                                   Il Papa, o meglio i Papi, si sono espressi in modo molto chiaro, energico, appassionato perché sia i fedeli che i pastori delle anime, non si prestino ad  atteggiamenti equivoci e ispirati mafiosamente. Ma, per ora, con riscontri poco efficaci.
                                   Nei giorni passati, per l’ennesima volta, durante una processione si sono fatti degli inchini e fermate poco cristiane, poco evangeliche e indecorose. Con  qualche “smorfia” in più, non solo dei fedeli ma anche dei Pastori. A Livardi,  diocesi di Nola, don Fernando ha abbandonato la processione della Madonna del  Rosario, quando ha intuito che un gruppo di fedeli aveva deciso di fermare la  statua della Madonna, e rivolgerla verso l’abitazione di una certa famiglia,  nota alle forze dell’ordine, “in quanto parte attiva in quello scellerato  sistema di malaffare e ingiustizia chiamato camorra”.
                                   A  Corleone, invece, il carro di San Giovanni Evangelista si è fermato davanti all’abitazione di Ninetta Bagarella, moglie del capomafia Totò Riina e sorella  di Leoluca. È scoppiata la solita polemica, aperta dal Sindaco, irritato  perché, secondo lui, ogni gesto che avviene in certe località si trasforma  immediatamente in omaggio, inchino, sosta ingiustificata ai boss, soprattutto  quando trattasi dei Riina.
                                   Comunque, il motivo del mio disagio non è solo questo, ma la “finta” superficialità con  la quale il parroco ha descritto e spiegato il fatto. “È vero che la sosta non  era prevista ma è stata obbligata, perché altrimenti si correva il rischio di investire la gente, e anche perché in quella località ci sono parecchi malati e  anziani devoti, tanto devoti di san Giovanni Evangelista”.
                                   I  due Vescovi, sia quello di Nola che quello di Monreale, sono intervenuti, il primo lodando don Fernando: “Ribadisco il mio sostegno e la mia preghiera per i  parroci della diocesi che quotidianamente si trovano a fronteggiare l’arroganza  di quanti credono di poter disporre della chiesa, quasi fossero depositari  della fede”.
                                   E  l’Arcivescovo di Monreale, invece, con tristezza ha dovuto ribadire ancora una  volta che su episodi del genere non intende transigere e ha nominato  addirittura “una commissione d’inchiesta”. Questi segnali esternamente piccoli  e quasi insignificanti, nascondono un fenomeno del quale parliamo e discutiamo  da sempre, ma che non ha trovato ancora una convergenza energica, autentica e  costante di tutte le forze politiche, sociali, religiose. E io, come sempre,  parto da molto lontano: dalla scuola e dalla catechesi infantile.
                                    
                                    Don Antonio Mazzi