DIO È TUTTO ED È IN TUTTI: QUESTO È CIÒ CHE PAPA FRANCESCO CI INSEGNA

09/08/2016

Il Papa, con la chiarezza e la semplicità di sempre, ha detto soprattutto ai giovani, perché solo di quelli si fida, che quanto sta succedendo in questi giorni ha poco a che fare con la religione, o meglio la religione viene usata come un ‘arma per giustificare quanto di ben più losco e preoccupante, sta dietro alle stragi semplici o plurali.
Ci sono sempre interessi economici, politici, ideologici, che ottengono un duplice scopo: fare guadagnare a coloro che intendono guadagnare e dividere drammaticamente la gente frastornata o affascinata, o spaventata, da una concentrazione di crudeltà inspiegabili e da nefandezze guerraiole.
Le cerimonie di domenica 31 luglio che hanno messo insieme cristiani e mussulmani hanno offerto un piccolo significato positivo, come lo offrono la presa di posizione dei non violenti fino ad ora troppo taciturni.
Ma ci sono due premesse, secondo il mio modestissimo parere che vanno pensate e tradotte in fatti concreti.
La prima: c’è troppa religione e poca fede. E questo atteggiamento raddoppia le diversità, accentua le polemiche, ed esplode nei fatti che abbiamo visti, vediamo, vedremo.
L’onestà di Papa Francesco ci ha ricordato le tante volte che noi cristiani nei tempi passati abbiamo fatto cose simili e peggiori. Ha ribadito nuovamente le qualità della violenza e le conseguenze vicine e lontane. Di quella sedia vestita di bianco, sola, davanti alla cella di Padre Kolbe, ne ha parlato il mondo.
Accennando al martirio del parroco francese, ci ha ricordato che in fondo in fondo è morto un prete cattolico, rispetto alle centinaia e centinaia di vittime di ogni religione, razza e cultura, altrettanto importanti davanti a Dio.
La seconda: questo Papa che è riuscito a smitizzare la figura del Pontefice, portandolo sul metro, spero riesca a far capire alla gente ai prelati, allo Stato Vaticano, ai fedeli, che la gerarchia non è la padrona della verità, dell’ordine, del castigo e del perdono, ma è solo una semplice serva.
Laddove la gerarchia vale più della vita della gente, succederanno, magari in modo diverso le stesse disgrazie.
Senza queste due premesse, troveremo qualche mezzo armistizio ma non la fratellanza, la pace, la misericordia, e la gioia di vivere.
Questi discorsi il Papa li ha detti e li dice soprattutto ai giovani e e ai poveri, perché l’elasticità, la curiosità di una fede più semplice, la convinzione che sia possibile trovare modi, luoghi, voglia e tempo di incontrarsi per pregare insieme e per trasformare il Dio che ci divide nel Dio che ci unirà.
Arrivati qui, non ci sarà più bisogno di momenti particolari e forse artificiali per dichiararci fratelli.
Qualcuno ha già dichiarato che non sarà possibile.
Io credo invece, che dentro alla parola ecumenismo, trovi posto anche questa avventura. Già lo diceva Paolo nella lettera ai Colossesi” qui non c’è più greco o giudeo, circonciso o incirconciso, barbaro o sciita, schiavo o libero, perché Dio è tutto in tutti”.

Don Antonio Mazzi