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									E  anche per i pazzi dell’Isis, c’è lo stesso Dio. Un altro fattore è spaventoso e  bestiale. Il Cairo, da sempre è testimone di civiltà, cultura, arte e storia. Com’è  possibile che nella basilica maggiore copta, strapiena di fedeli in preghiera,  una donna, tra i banchi della sezione femminile, abbia deposto un pacco bomba e  poi sia riuscita a fuggire, senza che nessuno potesse dubitare di lei?
									Da  qualche tempo pare che la violenza sia diventata una malattia. Quello che noi  fino a ieri chiamavamo estremismo, gesto di organizzazioni legate in vario modo  ai cosiddetti Fratelli mussulmani, oggi ci lascia quasi indifferenti.
									Essere  “malati di violenza”: un’espressione che non ci può lasciare tranquilli.  Pensare che perfino i bambini possano essere usati come bombe umane deve  obbligare tutti noi a riconsiderare e a 360 gradi l’intero problema  dell’integralismo, per arrivare alla radici, alle cause profonde.
									Il  fenomeno del terrorismo oggi è pensato in modo nuovo, particolare, ma da menti  e cervelli che vogliono far inorridire tutto il mondo. Ormai generare paura,  dovunque, in tutti i modi, nei posti più impensati, scavalcando ogni minimo  segno di civiltà, è strategia vincente.
									E dal  modo di reagire di tutto il resto del mondo non mi pare possa scaturire una  forte, decisa, non violenta ma plurale azione e nelle volontà. Contiamo le  vittime, facciamo servizi televisivi infiniti, discutiamo nelle sedi  “politico-accademiche”, ma poi?
									Terrorizzare  i copti non credo sia lo scopo finale di questi assurdi massacri. Questa gente  folle ha capito molto bene che l’obiettivo è ben altro. Dai cristiani ai copti,  alle basiliche, dopo il Cairo, dopo la cattedrale di San Marco, cosa arriverà?
                                    Lavoriamo  sulle radici di questi massacri. Uniamoci per il bene del mondo intero. In  certi periodi della storia le forze devono diventare sinergiche, pazienti,  attente, costanti. Perché la paura è un’arma più potente delle bombe e dei  missili.
                                    
                                    Don Antonio Mazzi