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  I  padroni del territorio erano bande organizzate di trafficanti, insieme a una  prima linea di spacciatori, più simili ai loro clienti che a capi e mandanti.  Settimane, mesi, anni di scene, sempre eguali, sotto la collina Tailandia,  accanto ai cespugli del K2. 
  La  collina era gestita dai primi immigrati senegalesi e organizzata così: alla  base c’era chi prendeva i soldi, in alto chi dava la droga, e dietro una  fontanella dove i tossici (che provenivano da tutta Europa) si “facevano”.
  Ultimo  atto liturgico, ognuno infilzava la siringa usata nel primo albero che trovava.  Negli alberi le foglie venivano sostituite da migliaia e migliaia di siringhe.  Il sabato e la domenica lo spettacolo diventava impressionante, con la  processione interminabile (si arrivava a tre/quattromila persone), penosa,  spaventosa, drammatica.
  Nel  Parco Lambro nessuno poteva entrare. Era loro: stravaccati dovunque, sdraiati  sulle panchine, accucciati tra i vomiti dei sottopassi dei metrò, oppure sempre  pronti a spaccare i vetri della macchine per rubare radio e tutto quanto  trovavano. Ai normali restava solo il tempo per maledirli e per sentire le  sirene delle ambulanze o delle pattuglie della Polizia sfrecciare o caricare i  mezzi morti”.
  Erano,  ripeto, gli anni settanta/ottanta del secolo scorso. Il tempo è passato, la  memoria ha faticosamente dimenticato, le ferite si sono cicatrizzate, le  lacrime e le paure hanno lasciato il posto ai bambini e alle famiglie che, ogni  sabato e domenica, passeggiano, corrono, giocano e fanno +- pic-nic.
  Fin  qui i ricordi, per me non solo dolorosi, ma sempre sul filo del rischio e delle  minacce le più provocatorie. Comunque credevo che tutto fosse passato ma che,  soprattutto, fossero passati i tempi dell’eroina e dei cadaveri ambulanti.
  Invece  leggo e rivedo il ritorno inspiegabile e pesante della “roba” (allora si diceva  così). Un solo particolare: sono sparite quasi tutte le siringhe perché,  adesso, spaventati da certe ben conosciute malattie, la “roba” si fuma e si  sniffa.
  Non  è più solo il Parco Lambro, ma la diffusione è tornata di moda, ai margini  della città e nei quartieri già conosciuti per altre situazioni delicate. Ciò  che spaventa di più, nonostante la mia lunghissima esperienza, mi pare (lo dico  per illudermi) che ad abusare della schifosa porcheria, siano i giovani e i  giovanissimi.
  Mi  rifiuto di citare cifre e di analizzare le cause. I miei fornitori di dati e di  statistiche sono i ragazzi che arrivano in Cascina, al centro d’Ascolto e  all’SOS nella Stazione Centrale. È mai possibile che la storia, la cronaca, la  vita, non insegni niente o, se insegna qualcosa, noi ne cogliamo solo gli  aspetti peggiori?
  Torneremo  di nuovo a discutere nelle scuole, a “passeggiare” di notte attorno alla  Stazione e nelle altre zone, già stranote. Se poi noi operatori vogliamo star  male ancora di più, stravolti dai complessi di colpa che ci facciamo  inutilmente e ingiustamente, ci sono le miscele e le sostanze, sempre nuove,  che nascono da un giorno all’altro e delle quali non conosciamo nemmeno il  nome. Ci siamo fermati al crack.
  Mai  paura! Ricominciamo ma, questa volta, non solo noi, ma tutti. Già di figli ne  facciamo pochi, se poi li perdiamo così! Ci resta di sbattere la testa (nostra)  contro il muro. Invece facciamo rete non a parole, come le altre volte, ma nei  fatti. Mai mollare!
                                    
                                    Don Antonio Mazzi