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                                    Francesco è un pastore e per un pastore arriva prima la persona, la storia, la vita della  gente e dopo le regole, le norme, le leggi con le quali riflettere. Quanto ha  detto Papa Francesco riguardo ai rapporti di amore e al matrimonio, a chi fa il  pastore come faccio io, non meraviglia e, tanto meno, lo fa saltare sulle  sedie.
                                    Anzi,  da sempre diciamo e viviamo queste situazioni e da sempre siamo spaventati da  cerimonie matrimoniali che non hanno niente di profondamente vero e sacro.  Spesso sono sfilate di moda, altre volte sono abitudini secolari che, per  ragioni più o meno di buon nome strapaesano, si compiono.
                                    L’amore  è tra le cose più misconosciute in questi tempi. è diventato, anche l’amore,  più un cartone animato che una radicale e travolgente scelta di vita. Mettere  insieme due egoismi non è l’obiettivo del matrimonio, ma il contrario.
                                    Perciò  quanto dice il Papa fa parte di un modo diverso di preparare e di far capire  dove sta la radice del volersi bene. Convivere non è certamente un verbo molto  usato dalla catechesi europea. 
                                    L’uomo  che viene dalla “fine del mondo” questo verbo l’ha capito, usato, finalizzato  allo scopo di far arrivare all’altare sapendo chi siamo e come sia possibile  superare le difficoltà, i limiti, le diversità tra persone che, nonostante  tutto, vogliono offrirsi l’uno all’altro non per possedersi o per rendersi la  vita più comoda e sessualmente più legittimata.
                                    Questa  società, scusate l’assurdità, è capace di tutto tranne che di amare,  condividere, accogliere la diversità, capire che essere soggetti e non oggetti,  non è una fatica semplice, sia civilmente che religiosamente, soprattutto  quando riguarda il matrimonio.  Il Papa  ha portato esempi. Ma io, noi, e chi vive fra la gente, ne avrebbe ben altri di  ben più sconvolgente e preoccupanti.
                                    Non  so se la chiacchierata pastorale fatta da Papa Francesco potrà essere  trasformata in “metodo” serio, sereno, profondo, aperto e attuato da pastori  pronti a dare la vita per le loro pecorelle. Perché se le riflessioni del Papa  venissero accolte da noi preti con superficialità e con scarsa dose di  interiorità e di serenità spirituale, non solo farebbero saltare sulle sedie i  cultori delle regole, ma aggiungerebbero danni enormi, soprattutto se tra i due  amanti ci fossero creature piccole e adolescenti.
                                    
                                    Don Antonio Mazzi