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                                   Ne sta uscendo un minestrone avvelenato che creerà ricadute  con conseguenze disastrose. Mettere insieme tre mondi così importanti e  definirli con il titolo di guerra, mi spaventa. è vero che succedono misfatti  nauseanti e senza motivazioni, ma è anche vero che tra sport, religione e  politica ci passa un oceano.
                                   Perciò è più che urgente parlare, discutere, capire, ma è  ancor più urgente non lasciarsi prendere dalla superficialità o dalla voglia di  macabro e sacrilego. Per non dire e commentare cose delle quali potrebbero  parlare molto più seriamente altri personaggi, torno sul mondo dello sport.
                                   Non so spiegarmi perché il tifo ormai si identifichi con la  violenza e, ancor peggio, arrivi sempre più spesso fino alla tragedia. Se lo  sport era, fino a poco tempo fa, segno di festa, caciara, sbandieramenti i più  impensati, vocaboli inventati e trasformati in vocabolari, ora non passa  partita che, fuori o dentro lo stadio, il tifo non divenga macello, lotta,  isterismo bestiale, praticato anche da gente che fino ad un’ora prima era  normale, pacifica e tifosa come lo siamo quasi tutti, me compreso.
                                   Oggi si parla di cani sciolti, emarginati, paranoici,  dissociati, tagliagola. Trasformare tutto in guerra pare sia la nuova  invenzione elaborata fin nei più piccoli particolari da una razza di persone  trasformate in assassini.
                                   Come possiamo accettare che un venticinquenne si permetta di  urlare contro gli Europei di calcio, dicendo che diventeranno un cimitero? Come  può uno come questo Abballa, già schedato, con precedenti e guai giudiziari,  arrivare a compiere una strage, armato da kamikaze, in una nazione  ipercontrollata come la Francia? 
                                   I massacri dove si insegnano? A scuola, in galera, nei centri  commerciali, nei bar delle periferie? Perché questi sono i pensieri che ci  scappano fuori, causa la paranoia che ci assale.
                                   Quanto c’entrano, poi, le droghe in questi fatti? Quanto  pesano la vendita incontrollata e legale di armi di ogni tipo? Quali sono gli  errori dei politici per un verso, dei presidenti sportivi per un altro e delle  forze dell’ordine, non coordinate o collocate in luoghi e tempi sbagliati, per  un altro ancora?
                                   Se ne parlassimo di meno, quasi felici di spaventare e  lavorassimo con pazienza e caparbietà nelle scuole, nei programmi televisivi,  nei dibattiti politici; se con le tifoserie sapessimo distinguere i pazzi dai  tifosi e gli infiltrati dagli spettatori, non sarebbe un metodo preventivo  concreto e più efficace?
                                    
                                    Don Antonio Mazzi