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                                        Occorreva poco per  capire (soprattutto a noi pecorelle perdute) che "non ci indurre in tentazione"  non traduceva bene la dolcezza e la tenerezza paterna di Dio.
                                        Come può il Dio del  perdono essere nello stesso tempo il Dio che prepara le trappole per farci  cadere in azioni contrarie al suo progetto? Non abbiamo aspettato i teologi e  abbiamo cambiato.
                                        Invece di "indurci"  abbiamo chiesto di non essere "abbandonati", di "non lasciarci soli" davanti ai  trabocchetti del mondo. Qualcuno ci ha tirato le orecchie. Per i cattolici doc  chi ritocca anche le virgole dei sacri testi, rischia grosso.
                                        Piacciono le formalità,  le pause misurate, gli inchini, le cerimonie. Il Dio del sabato valeva, e vale  ancora, di più del Dio della misericordia. Il Papa ci ha spiegato che se  cadiamo in tentazione non è stato certamente Dio a darci la classica  spintarella, ma il nostro egoismo.
                                        È d'obbligo per il  Papa della gente, della strada, dei poveri, delle periferie, evitare equivoci  dentro la più cristiana delle preghiera. E con la sua semplicità, unita alla  sincerità e alla pastoralità, ha cambiato anche lui "un verbo" lasciando al  diavolo il suo mestiere e a Dio la sua sconfinata bontà.
                                    
                                    Don Antonio Mazzi