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										Aggiungerei a queste parole, quelle  dell’arcivescovo nominato per la Milano del dopo Scola: monsignor Mario  Delpini, perché rilevano qualcosa che ciascuno di noi ha urgentemente bisogno.  “È stato facile voler bene al cardinale, è stato il suo temperamento, il suo  modo di fare, la sua saggezza, il suo sorriso, la sua prossimità alla gente  comune”. E verso la fine della sua testimonianza don Mario ha riportato la  frase di Tettamanzi che a me piace da morire. “Forse nessuno di voi è perfetto.  Però, ecco, una raccomandazione, vorrei farvi: cercate di fare in modo che sia  facile volervi bene”.
										In  quest’ultima riga vedo l’essenza pastorale di papa Francesco. E Tettamanzi l’ha anticipata,  vissuta, ed ora la lascia in eredità non solo a Milano. È questo il motivo per  cui lo faccio (se sbaglio perdonatemi) capofila dei pastori di domani.  Testimoniare con le parole e con i fatti il rendersi amabili ed amati non credo  fosse la dottrina dei Papi di ieri. O meglio: le gerarchie di ieri usavano  linguaggi ben più raffinati e teologicamente molto più accademici per arrivare  con difficoltà a suggerire i contenuti delle due parole: amati e amabili. 
										La  dogmatizzazione della fede e della verità ci portano lontano dalla parabola del  Buon Pastore e soprattutto ci portano lontano dalle pecore. Dionigi rovesciò i rapporti: si  lasciò convertire dalla gente per poi, convertirla. E infatti erano in 5.000 e  più ai suoi funerali, in pieno agosto, con 40 gradi all’ombra.
                                    
                                    Don Antonio Mazzi