 
                        
									L’amico  Antonio Ricci mi ha mandato gli auguri. Giocherellando con il suo umorismo  scarnificante, e dolcemente equivocando sul presepio, mi ha trovato il quarto  posto: come “Re Mogio”. E se fosse l’unico posto che quest’anno resterebbe ai  tanto amati e cari re dei regali, della stella, dei cammelli, dell’oro, dei  kobo, della mantella Snobby Shepp, degli orologi Yo-Kai Watch, degli orecchini  Medusa, della affettatrice Berkel?
								  	Vorrei  essere per un attimo un re magio di allora e un re mogio di ora. Magio di allora,  per dire al bambino che, nonostante tutto, sotto il manto regale, un pezzetto  di pace gliela porgevo. Mogio di ora per dire ai miei ragazzi e a tutti i  bambini della terra che l’unico regalo che io, re mogio, voglio offrire loro è  ridisegnare insieme la seconda pagina della Bibbia, con Caino e Abele che si  abbracciano e si baciano.
								  	Perché  la pace può rinascere solo dalla convinzione che o vivranno tutti due, amandosi  diversi, o moriremo tutti, loro e noi. La pace ha le sue radici nell’amore. E i  doni natalizi devono essere l’esternazione di questo binomio: pace uguale amore  fraterno.
								  	Vorrei  perciò che i nostri figli non cercassero la pace lontano da loro e che la  pensassero opera di manipolazioni e di intermediazioni mondiali sporche e  interessate. Le radici della pace sono dentro ciascuno di noi. Dobbiamo  seminarle, spargerle e pazientemente aspettarle, perché faranno frutti a tempo  debito.
								  	Chi  ha cambiato il mondo non furono Pilato, Cesare, Anna, Caifa e i Romani. È stato  un bambino. Fatemelo spiegare meglio. Se mettessimo su una mano il Padre  onnipotente, creatore del cielo e della terra, e se mettessimo sull’altra mano  il Figlio bambino, impotente, nato in una grotta e, fissando profondamente  prima una mano e poi l’altra, io vi dicessi che le due mani hanno la stessa  importanza e la stessa diversissima onnipotenza, cosa direste? 
								  	Eppure  è così: il Natale vale la creazione. Il mondo senza un nuovo Adamo che sapesse  reinterpretare integralmente, cioè divinamente e umanamente insieme, le  meravigliose immensità, sarebbe stato tutto inutile, anzi micidiale.
                                   	Come  la voglia di disubbidire al primo no, uccise la fraternità; oggi è la voglia di  dire il primo sì ci salverà. E al primo sì daremo il nome di PACE. Perciò il Re  Mogio l’unico regalo che dovrebbe fare ai ragazzi del mondo è dire: “Datevi  l’abbraccio della PACE!”.
                                   	
                                    Don Antonio Mazzi