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										Il  trafiletto incominciava in fondo alla prima pagina di un quotidiano per poi  continuare all’interno. Il titolo, molto semplice, recitava “Meno soldi per le chiese perché la CEI ha  deciso di investire nell’accoglienza”.
										Le  cifre a noi dicono poco, le percentuali ci aiutano di più. L’autore, sempre  nell’inizio dell’articolo, diceva: “Da quando è cominciata la crisi economica  la chiesa italiana ha aumentato del 60% gli stanziamenti annuali per le opere  sociali”.
										Ci voleva tanto, dico  io da prete strano, a smetterla di  costruire chiese in Italia e fare qualsiasi altra cosa, che sarebbe stata più  utile? Quante sono le chiese vuote o sconsacrate?
										Quanti  sono i “nuovi parroci” e nuovi vescovi che, appena nominati nelle sedi, buttano  soldi “vergognosamente” per rifarsi le canoniche, gli arcivescovadi, le chiese  laddove sovrabbondano ma, poiché sono vecchie, piacciono poco ai prevosti?  Posso dire, con piacere, che agli italiani, soprattutto a quelli che danno l’8  per mille, la notizia piacerà!
										Potrebbe  essere il segnale di un nuovo modo di  vivere la fede, di fare la carità e di trasformare in fatti concreti quella  preghiera che diciamo ogni giorno nella messa e che incomincia con le parole:  Padre nostro?
										Come  possiamo essere fratelli se milioni e milioni di bambini, donne, uomini  soffron0 la fame e muoiono ogni minuto? È meglio una chiesa nuova e vuota in  più o migliaia di bambini con una casa, con un pezzo di pane in mano e magari  con un libro da leggere?
                                    
                                    Don Antonio Mazzi