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                                        Il motivo principale che lo ha portato  in officina al mattino e sui banchi di scuola il pomeriggio è stato per dare  buon esempio a sua figlia Giada di nove anni. C'è anche un secondo motivo per  papà Fabio, meno importante, ma per altri papà e altri figli, altrettanto  importante.
                                        Molti giovani lasciano la scuola per  situazioni più o meno giustificabili. Anche papà Fabio, a 17 anni, aveva  mollato tutto. E qui vorrei che tanti genitori, tanti insegnanti e tanti  ragazzi, facessero di tutto perché i nostri figli potessero conseguire almeno  un diploma di maturità.
                                        Nelle nostre scuole le percentuali dei  "dispersi" sono troppo alte e l'impegno dei docenti perché ciò non avvenga non  mi pare sia altrettanto impegnato. Quindi sono intenerito per la storia del  papà e dell'esempio alla figlioletta, ma poco contento per tutti gli altri  abbandoni scolastici.
                                        Dobbiamo  inventare modi e sistemi perché i ragazzi con difficoltà di apprendimento e di  profitto vengano aiutati, durante l'anno, in tutti i modi. Inutile che vi dica che i ragazzi e  le ragazze di 15-16 anni che vengono espulsi oppure che "mollano" corrono tutti  i rischi che quotidianamente troviamo descritti sui giornali.
                                        Torno alla dolcezza e ai buoni esempi  paterni. Fabio con sincerità racconta che la stessa sera che aveva deciso di  riprendere la scuola gli era saltata addosso la paura, la vergogna, la fatica  in modo così pesante che "ci è voluta", dice lui "la tenacia e la volontà per  non buttare la spugna subito. Tornato a casa mi sono chiesto chi me l'ha fatto  fare".
                                        Invece ha vinto la perseveranza e,  nonostante, ammetta che all'ingresso dell'aula in mezzo ai ragazzini per la  prima prova scritta di maturità gli sono tremate le gambe, ha sostenuto il suo  esame. Non dimentichiamoci che Giada, prima di entrare, battendo le mani sulle  spalle come facevamo noi grandi anni fa, gli ha detto: "Non preoccuparti papà,  vedrai che andrà tutto bene!".
                                        Chi ha nove anni e chi ne ha  trentasei? Evviva la terza elementare! 
                                    
Don Antonio Mazzi