RIFORMA LUTERANA

28/01/2016

È consolante pensare che la grande porta della misericordia non si è solo aperta, ma si è spalancata. Pare che i battenti siano diventati rotaie, ali, braccia. Qualche giorno fa leggevo sulla Stampa che in Cina passa sotto la porta santa più gente che a Roma.
Mentre da una parte l’odio, la strage, una religione interpretata male e usata per uccidere, spaventa e riempie di militari e di controlli piazze, chiese, stazioni ferroviarie, aeroporti, scuole e stadi, dall’altra parte un Papa ha scelto la tenerezza e la misericordia, riceve il Presidente dell’Iran Rohani che gli chiede di pregare per lui, e annuncia che il 31 ottobre p.v. andrà a Lund in Svezia per i 500 anni della Riforma Luterana. Ci sarà una cerimonia ecumenica congiunta.
Certamente non si tratta solo di un gesto ma di dialogo piuttosto notevole e molto significativo. Da parte luterana l’anniversario della Riforma verrà commemorato in uno spirito di responsabilità ecumenica, lavorando per la riconciliazione fra luterani e cattolici.
L’arcivescovo Jackelen si spinge oltre auspicando che l’appuntamento contribuisca all’unità dei cristiani nel nostro paese e nel mondo intero. Quasi contemporaneamente, in occasione della Settimana dell’unità delle chiese, Papa Francesco, nei vespri in San Paolo fuori le mura, chiede perdono per i comportamenti non evangelici dei cattolici verso altri cristiani e dà la benedizione finale assieme al metropolita ortodosso Gennadios e il rappresentante anglicano.
Non ha limiti la misericordia, ma soprattutto non ha limiti questo uomo, venuto dalla fine del mondo. Mentre gli altri papi si impegnavano con riflessioni, veglie e preghiere, papa Francesco “sfonda” i muri, abbatte fisicamente le barriere, abbraccia e chiama fratelli quelli che fino ad ieri noi cattolici pensavamo lontani cugini.
“Mentre siamo in cammino verso una piena comunione tra noi, possiamo già sviluppare molteplici forme di collaborazione, di andare insieme a favorire la diffusione del Vangelo. Perché l’unità si fa nel cammino”.
Cosa succederà alla fine di questo anno misericordioso, Francesco neppure lui lo sa. È lo Spirito Santo, da tempo lontano da Roma, che pilota la barca. Francesco lo aiuta con i suoi abbracci e con la tenerezza sconfinata.
Commenta Enzo Bianchi: “Dicono che questo Papa non si fa vedere ma piuttosto si fa toccare. C’è una verità in questo giudizio perché Francesco sa mostrare tenerezza e chi sente la mancanza di tenerezza va da lui, non tanto per vederlo ma sperando di essere abbracciato”.
Perciò oltre quella porta non sarà la misericordia a vincere, ma soprattutto la tenerezza, quella tenerezza che il Figlio di Dio fatto uomo, ci ha insegnato vivendola. Dice ancora Bianchi: “Il figlio di Dio, nella sua incarnazione ci ha invitati alla rivoluzione della tenerezza!”.

Don Antonio Mazzi