DIETRO IL SORRISO DI QUEL CARDINALE

25/08/2017

La gente ha corrisposto, come sempre succede alla gente, in modo straordinario ai funerali dell’uomo definito da Papa Francesco “amato e amabile”. L’uomo è Dionigi Tettamanzi. Cronologicamente fu cardinale di Milano, tra Martini e Scola. Inquadrandolo invece nei nuovi elenchi lo metterei capofila dei pastori prediletti dell’attuale Papa. Basta leggere le qualità che tutti hanno dichiarato dell’arcivescovo Dionigi, per capire quale vocabolario viene sfogliato per giustificare, le nomine dei pastori “francescani”: il permanente sorriso, l’umanità contagiosa, l’eccezionale pazienza, la consueta delicatezza. “Anche quando le situazioni si facevano pesanti, denunciava senza timidezza, ma sempre in modo costruttivo, i mali delle nostre terre”. Lo ha delineato così il cardinale Scola nel discorso, durante la celebrazione funebre.
Aggiungerei a queste parole, quelle dell’arcivescovo nominato per la Milano del dopo Scola: monsignor Mario Delpini, perché rilevano qualcosa che ciascuno di noi ha urgentemente bisogno. “È stato facile voler bene al cardinale, è stato il suo temperamento, il suo modo di fare, la sua saggezza, il suo sorriso, la sua prossimità alla gente comune”. E verso la fine della sua testimonianza don Mario ha riportato la frase di Tettamanzi che a me piace da morire. “Forse nessuno di voi è perfetto. Però, ecco, una raccomandazione, vorrei farvi: cercate di fare in modo che sia facile volervi bene”.
In quest’ultima riga vedo l’essenza pastorale di papa Francesco. E Tettamanzi l’ha anticipata, vissuta, ed ora la lascia in eredità non solo a Milano. È questo il motivo per cui lo faccio (se sbaglio perdonatemi) capofila dei pastori di domani. Testimoniare con le parole e con i fatti il rendersi amabili ed amati non credo fosse la dottrina dei Papi di ieri. O meglio: le gerarchie di ieri usavano linguaggi ben più raffinati e teologicamente molto più accademici per arrivare con difficoltà a suggerire i contenuti delle due parole: amati e amabili.
La dogmatizzazione della fede e della verità ci portano lontano dalla parabola del Buon Pastore e soprattutto ci portano lontano dalle pecore. Dionigi rovesciò i rapporti: si lasciò convertire dalla gente per poi, convertirla. E infatti erano in 5.000 e più ai suoi funerali, in pieno agosto, con 40 gradi all’ombra.

Don Antonio Mazzi