LA SCUOLA È TUTTA DA RIFARE, CON I PROF SENZA CATTEDRA

27/02/2018

Caro Giangiacomo,
credo che arrivati a questo punto, si debba prendere per le corna un problema che disorienta e spaventa tutti. Quanto sta succedendo nella scuola e attorno alla scuola, per gente come me, che non solo ha diretto scuole, ma ha affrontato in anticipo i gravissimi disagi già presenti da una decina d'anni soprattutto nella scuola media inferiore, debba avere il coraggio di smontarla dalle fondamenta. Mi è scappato il verbo "bruciarla" ma tu mi conosci e capisci cosa volevo intendere. La media inferiore è nata quasi settant'anni fa e allora noi, tra i 10 e i 14/15 anni eravamo ancora mezzi bambini e all'università si parlava, di preadolescenza. Oggi, il periodo tra i 10 e i 15 anni è esplosivo e i nostri figli, nascondono dentro il loro corpo tutti i temporali psicofisici della loro primavera. Non possiamo inchiodarli dentro ai banchi di Procuste e chiuderli in aule nel migliore dei casi anonime e insignificanti, per cinque o sei ore, con docenti e materie a loro antipatiche.
È chiaro che possa succedere di tutto. O meglio: è chiaro che debba succede di tutto. Il bullismo è un lampo rispetto all'intero temporale. Mi fa pena vedere nel Parco Lambro, la mattina, i cani liberi e slegati, godersi gli spazi verdi e nel contempo pensare che i nostri figli sono imprigionati dentro carcasse scarabocchiate, traballanti e scomodissime. Ho preso titoli di ogni genere quando ho detto che trattiamo meglio i cani dei cristiani, ora però urlo e vi dico che siamo incivili e ignoranti perché è vero, e noi ci fermiamo solo a litigare, sospendere, insultarci.
Per non fare solo chiacchiere ecco una mia idea maturata e pensata da tempo. Partiamo dalla struttura. Deve essere semplice, immersa nel verde, con aule, sale, laboratori, palestre, componibili e scomponibili. Uno scatolone simpatico, quasi invisibile, perché internamente montabile e smontabile, a mo' di palco. Devono scomparire i banchi e comparire i tavoli, anche loro componibili e scomponibili, in modo che tutto sia dinamico, creativo. Dovrebbero sparire le cattedre. Il docente-educatore vive tra i tavoli. D'Avenia, in un articolo dal titolo Diffido dell'istruzione scrive "che i ragazzi non hanno bisogno di insegnanti amiconi o aguzzini, ma di uomini e donne, capaci di guardarli come amabili soggetti di inedite possibilità. Non è questione di missione o di poteri magici, ma di professionalità. Perché sono difronte a ragazzi che hanno il cuore caldo e la testa fredda e non il cuore freddo e la testa calda come vorrebbe la vecchia scuola".
I programmi e gli orari li dividerei lungo tutta la giornata in tre parti ben definite: con un terzo di lezioni frontali "sfrondate", un terzo di attività di palestra e di laboratorio e un terzo di attività di biblioteca e musica. Ogni ragazzo dovrebbe suonare uno strumento (a me piacerebbe la chitarra, il sax e la batteria).
I docenti vanno preparati diversamente. Le Università non l'hanno ancora capito. Hanno solo cambiato il titolo "Scienze dell'educazione". Alcuni tecnici devono venire dal territorio, opportunatamente scelti, come gli atleti, i maestri di lavoro e di teatro, e i testimoni del sociale e del politico. Vista così la struttura, potrebbe assomigliare più ad un Campus vivacissimo, capace di accogliere migliaia di adolescenti, nei modi più "aperti" e motivanti.
È una follia? Sì. Però con gli adolescenti funzioneranno solo le follie, e non le "tamponature".

Don Antonio Mazzi